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viaggio odissea sul treno Catania-Palermo

Ci possono essere carri bestiame confortevoli, mediamente puliti, colorati. Ma un carro bestiame sempre carro bestiame resta. Se non mi credete, armatevi di coraggio e pazienza e provate il brivido di un viaggio (andata e ritorno in giornata) sul Regionale veloce Catania-Palermo.

Chi ha studiato Darwin, e sa cosa vuol dire “selezione naturale”, scoprirà che non c’è un attimo da perdere quando si tratta di accaparrarsi un posto. Scordatevi la parola buonsenso, sconosciuta del resto in casa Trenitalia: i posti sono limitati - anche se il costo del biglietto è uguale per tutti - e chi arriva tardi rischia di fare almeno metà del viaggio in piedi, come è successo ieri al sottoscritto. Ora, immedesimatevi nel povero disgraziato di turno che si sveglia alle sei, prende il primo treno per Palermo; sbriga i suoi affari di lavoro e corre come un disperato in stazione per non perdere il Minuetto delle 15.38: unico convoglio, si e no 300 posti a sedere.

Già di per sé la giornata è stata sfiancante ma è niente rispetto all’ora e 40 minuti passata a ballonzolare attaccato alla maniglia esterna del cesso, fino all’arrivo a Caltanissetta. Ogni tanto il controllore passa e allarga le braccia, liquidando chi si lamenta con un “non mi dica niente, lo so”. E intanto nel carro bestiame chi è in piedi resta in piedi. Illuso chi pensa di incontrare la solidarietà di qualche siciliano dal cuore grande; qualcuno che ti domandi se vuoi sederti anche solo 10 minuti per non collassare. L’unico a farlo è un giovane marocchino, tra lo stupore generale. Del resto è raro incontrare un essere umano in un carro bestiame...