Vedersi recapitare a lavoro una lettera scritta a macchina con brutali minacce di morte non fa certo un bell’effetto, soprattutto se si è a ridosso del Natale e se si attendono tutt’al più bigliettini di auguri dei militanti PD.
Comprendo dunque lo stato d’animo del segretario regionale Fausto Raciti che ieri è stato costretto a vivere quella sensazione indescrivibile che si prova quando una minaccia sconosciuta ti avvisa – parola più, parola meno – che sarai sgozzato come un animale. Che sia stata la mafia? Un mitomane nostalgico dei messaggi battuti a macchina da scrivere? Un buontempone? Questo non è dato saperlo, e al netto delle speculazioni politiche poi conta relativamente.
Perché l’obiettivo dell’autore di un segnale del genere è già stato raggiunto: è quello di intimidire; di limitare la libertà e incrinare la serenità del suo bersaglio. Un gioco perverso sulle cui dinamiche è fin troppo facile costruire storie o ipotizzare battaglie antimafia. Ci marciano tutti, sulle minacce. Tutti tranne la vittima designata.
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