Bernardo Provenzano

Non c’è molto da raccontare sulla vita di Bernardo Provenzano; non molto di più rispetto a quanto già non si conosca.

Certo, adesso che è morto spunterà dal nulla uno stuolo di grandi conoscitori e di accaniti detrattori del mafioso dei misteri; dell’ex reggente di Cosa Nostra, tra i più longevi latitanti della storia mafiosa d’Italia. L’unico pensiero che però solletica la mia attenzione ruota tutto intorno al senso del potere di un boss. Per reggere le fila del proprio esercito e per sottrarsi alla giustizia, un boss mafioso di fatto decide di vivere la propria vita da recluso. In squallide masserie; dentro stalle o addirittura bunker.

È uno sconfitto autoproclamato che non può godere dell’immenso patrimonio di cui dispone. Una sorta di re Mida che, come nel racconto del poeta Ovidio, trasforma in oro quello che tocca, ma proprio per questo non riesce più nemmeno a sfamarsi. La vita di un boss della mafia, la vita di Bernardo Provenzano, è racchiusa tutta qui: 43 anni in fuga dallo Stato, altri dieci in carcere e poi la peggiore galera, quella della malattia. Una vita passata dalla parte sbagliata, senza sapere mai cosa vuol dire la parola libertà.



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