Se pensate che le elezioni siano stressanti, sfiancanti, chiassose e violente, allora vi consoli sapere che per i giornalisti è tutto molto più accentuato. La persecuzione inizia fin dalle prime ore del mattino con le mail più disparate da parte di qualsiasi candidato; dai più noti duellanti all’ultimo degli aspiranti politici locali.
È una guerra a suon di slogan, di attacchi, di promesse. E poi ci sono le chiamate; le richieste di intervista; i pressing per gli articoli da pubblicare. Gran parte di questa guerra mediatica è frutto del lavoro degli operatori della comunicazione che a volte, bisogna dirlo, esagerano un tantino, finendo per essere ‘dirottati’ nel cestino o nella posta indesiderata.
Questo editoriale prendetelo un po’ come uno sfogo personale; come un urlo liberatorio dall’ultimo piano di un grattacielo. Per fortuna tra due settimane sarà tutto finito: nessun viso sorridente vi guarderà dall’alto dei cartelloni 6X3 e nessun santino elettorale rimbalzerà tra le finestre della messaggistica istantanea dei vostri cellulari. Finita la commedia inizierà il banchetto. E state certi che lì, né io né voi saremo invitati.
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Piccoli studenti picchiati con schiaffi alla nuca e metodi sbrigativi, violenti, insensati. Al centro della vergognosa vicenda c’è una maestra, ora sospesa dal servizio, di una scuola materna di Corleone, nel Palermitano.
Se non fosse stato per le immagini carpite grazie a una telecamera piazzata dagli investigatori, probabilmente oggi si parlerebbe solo di illazioni, di facili accuse e persino di persecuzione. Ma la realtà è che sempre più spesso ci tocca raccontare di squallide vicende con al centro i più deboli, bambini o anziani. Sempre più spesso le frustrazioni umane trovano sfogo su quei soggetti che, al contrario, andrebbero protetti e salvaguardati doppiamente.
Come sempre, a cose fatte, nel supremo Tribunale del web c’è chi chiede rigore massimo nella selezione degli educatori; chi imporrebbe visite psicologiche periodiche agli insegnanti e chi invoca la pena di morte per i colpevoli. Violenza contro violenza, insomma. Del resto il frutto non cade mai lontano dall’albero.
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L’orrore dello stupro, dalla guardia medica di Trecastagni al giovane paziente (notizia recente) abusato da un infermiere di Paternò poco dopo un’operazione, mi fa pensare al grado di involuzione della specie umana.
Dai trogloditi senza cervello, autori materiali dei gesti brutali, agli sciacalli che speculano sul dolore e sulla rabbia, spesso anche dalle colonne di autorevoli giornali. C’è chi, ad esempio, per cavalcare l’onda mediatica è arrivato a inventare che la Procura di Catania abbia riqualificato l’accusa di violenza sessuale ai danni della dottoressa di Trecastagni in “infortunio sul lavoro”.
Bufale, malafede, disinformazione. Il panorama è decadente, ma a qualcuno fa comodo ampliare lo scandalo. Spesso raccontando particolari imbarazzanti contenuti nei verbali delle povere vittime, altre volte con maliziosi accostamenti nei titoli. Sono tutte forme di violenza; siamo tutti vittime. Chi degli stupratori, chi degli sciacalli.
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Antonio Spitaleri, giornalista professionista, è il direttore responsabile del Gruppo Radio Amore. In quattordici anni di carriera ha lavorato a Roma, Siracusa, Catania. Già corrispondente dell'Agenzia nazionale radiofonica Area, per 7 anni ha curato la cronaca nera e la giudiziaria ad Antenna Sicilia, prima emittente tv siciliana, conducendo tg e trasmissioni d'informazione. Laureato in Giurisprudenza e utopista del giornalismo: crede che la realtà vada raccontata e difesa. Nonostante tutto.