Un’omelia chiara e coraggiosa contro la mafia, da parte di semplici sacerdoti che sono saliti sui pulpiti delle chiese di Bagheria per dire chiaro e tondo che chi fiancheggia le cosche (soprattutto quelli che siedono sui banchi delle chiese la domenica) è incompatibile con la cristianità.
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Quello che è successo ieri nel feudo per eccellenza della mafia siciliana, mi ha colpito e non poco. Appena una settimana fa, proprio a Bagheria, il mandamento di Cosa Nostra è stato azzoppato dal coraggio di 36 imprenditori ribelli contro il pizzo; ora i sacerdoti hanno capito che nella lotta al malaffare non c’è spazio per i tentennamenti, anche quando ci si trova in chiesa davanti a quei pezzi da novanta con la giacca pulita e le mani sporche di sangue.
Il nuovo corso della Sicilia passa anche da qui: dai piccoli centri, dai piccoli grandi sacerdoti. Ed è un bene che il nuovo arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, sia un prete nell’anima e non un principe della chiesa. Perché sulle terrazze degli attici sfarzosi generalmente non salgono gli oppressi, ma gli oppressori.
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