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Pagavano in tanti e pagavano tanto gli imprenditori di Corleone sotto scacco dei boss locali. Il loro “grande passo” è stato un salto verso la libertà, nel preciso istante in cui hanno deciso che era arrivato il tempo di darci un taglio con il pizzo.

La storia è sempre la solita: da un lato il timore, dall’altro l’esasperazione e la voglia di giustizia. Stavolta, sulla trita e ritrita legge dell’omertà ha prevalso la dignità e sono scattate le manette nella roccaforte della mafia siciliana. Quella che, per intenderci, gli stranieri identificano come una terra ancora popolata da picciotti vestiti con la coppola. Quello di ieri è grande passo di un lungo cammino: la mafia certamente non si farà intimidire, si riorganizzerà, troverà nuove prede e magari sarà più attenta alle intercettazioni.

Ma fino a quando ci sarà qualcuno pronto a fare i nomi e i cognomi; a gridare la propria rabbia davanti alle forze dell’ordine o le associazioni che lottano contro il racket, non ci sarà organizzazione in grado di nascondersi a lungo. Perché la paura si nutre di silenzi, e i siciliani stanno imparando a parlare.



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